Dopo settimane di conferenze stampa del governo in diretta Facebook, di appelli paternalistici di sindaci e governatori ad assumerci la nostra responsabilità individuale per evitare il contagio, ancora non è stata data nessuna risposta istituzionale all’altezza della crisi che abbiamo di fronte.
Alla fine di questa lunga attesa, il tanto atteso “decreto aprile”, diventato “decreto rilancio”, è arrivato. Purtroppo sembra essere l’ennesima misura che prevede contributi insufficienti e limitati nel tempo per le fasce più povere della popolazione, mentre sono previsti cospicui sgravi fiscali per le imprese, comprese quelle che non hanno rallentato la produzione e i guadagni durante l’emergenza.
Milioni di persone non sanno come pagare l’affitto, le bollette, fare la spesa, eppure si continuano a proporre sussidi e contributi una tantum, che lasciano scoperte ampie fette della società. Anche per coloro che ne avrebbero già diritto, tarda ad arrivare la cassa integrazione a causa dei colpevoli ritardi delle Regioni, delle aziende e della burocrazia italiana.
In queste settimane, per rispondere alle esigenze di tuttx noi, grazie all’autorganizzazione di migliaia di persone, si sono moltiplicate le esperienze di solidarietà e mutuo aiuto. Esperienze che sicuramente non vogliono togliere le castagne dal fuoco alle istituzioni, ma piuttosto mettono in evidenza l’inadeguatezza delle misure messe in atto fino ad ora.
Lo diciamo da tempo, l’unica misura in grado di rispondere alle esigenze di un mondo del lavoro parcellizzato e precarizzato ed a quelle di una società con disuguaglianze sempre più marcate, sarebbe un reddito universale e incondizionato, una misura strutturale che permetterebbe a milioni di persone di uscire dalla povertà e affrontare le spese quotidiane senza doversi sottoporre al ricatto di salari da fame o orari di lavoro massacranti.
Accanto ad esso andrebbe stabilito un salario minimo sotto il quale nessunx sia costretto a lavorare, per garantire ad ogni lavoratore e ad ogni lavoratrice condizioni di vita dignitose.
I soldi per misure di questo genere si potrebbero trovare tassando le grandi multinazionali del web, che oggi più che mai si arricchiscono sul nostro bisogno di comunicare e rimanere connessx, tassando le transazioni finanziarie, ricollocando il denaro dalle spese militari a quelle per il welfare, facendo una patrimoniale che permetta una parziale redistribuzione delle ricchezze all’interno della società.
Mentre il dibattito pubblico è sempre più appiattito sulle richieste di Confindustria di garantire liquidità alle imprese, dal governo e dalle istituzioni locali di ogni livello continuano ad arrivare risposte insufficienti ai bisogni delle fasce più povere della società, dettate dall’ideologia secondo la quale essere poverx sarebbe una colpa da espiare per poter sopravvivere con l’elemosina di qualche sussidio sempre più scarso.
Ma le domande sono semplici: chi potrà permettersi di comprare domani quello che ci affrettiamo a riprendere a produrre oggi? Come pagheremo l’affitto? Quanti mesi potremo andare avanti prima che ci stacchino luce e gas?
Accanto alla rivendicazione di un reddito per tutte e tutti, vogliamo sostanziali finanziamenti del welfare.
La sanità deve essere pubblica e territoriale, perché la pandemia si ferma sul territorio e perché non ci si ammala solo di covid-19: troppe persone malate o anziane sono state abbandonate in questi mesi e l’esempio lombardo mette in evidenza come lo smantellamento della sanità territoriale e delle cure primarie sia stato uno dei fattori cruciali dell’incapacità di rispondere alla crisi sanitaria. Vogliamo investimenti e assunzioni in sanità per offrire servizi accessibili, garantiti, sicuri e accoglienti (con potenziamento dei consultori).
Vogliamo che si trovino soluzioni per tornare a scuola: l’insegnamento ha bisogno anche di presenza e lavoro di cura per tuttx ed in particolare per le/i bambini con problemi. Vogliamo nuove assunzioni, nuove strutture e tamponi per il personale scolastico di modo da aprire le scuole e i centri estivi in sicurezza: altrimenti come faranno le donne madri (perché alla fine la scelta tra lavoro e famiglia ricadrà un’altra volta su di loro) ad andare a lavorare? Si tratta di garantire il diritto all’istruzione e riconoscere la dignità di chi lavora a vario titolo (docenti, personale ATA, addette mensa) in questo settore.
Invitiamo per questo tutte e tutti, il giorno sabato 16 maggio, ad attraversare le strade della propria città, a recarsi in coda al supermercato o alle poste con cartelli che mostrino le rivendicazioni di misure non più rimandabili!
– Reddito di quarantena per tutte le persone senza lavoro o che hanno subito una diminuzione del proprio salario
– Anticipo della cassa integrazione da parte delle aziende
– Istituzione di un salario minimo
– Blocco del pagamento delle bollette
– Contributi per gli affitti, assegnazione di tutte le case popolari vuote e requisizione degli appartamenti tenuti sfitti
– Rifinanziamento e assunzioni nella sanità pubblica territoriale e nelle cure primarie
– Assunzioni e investimenti strutturali nella scuola pubblica
– Rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro o per attesa occupazione della durata di almeno un anno a tutte le persone senza documenti, in modo da garantire a tuttx il diritto alla salute
Non possiamo più aspettare, non torneremo alla loro normalità fatta di sfruttamento e disuguaglianze!